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 / Approfondimenti  / Educare all’Empatia per una società felice e inclusiva

Educare all'empatia psicoemotivamenteEmpatia deriva dal greco «empatéia», a sua volta composta da en-(dentro) e pathos, (sofferenza o sentimento) quindi letteralmente si può tradurre con “sentire dentro”. Per il Dizionario Treccani è la «Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro». Comunemente viene definita come la capacità di mettersi nei panni dell’altro. Per imparare realmente a mettersi nei panni degli altri è importante possedere alcune qualità, che si perfezionano durante la crescita dell’individuo, ecco perché nell’uomo l’empatia ha uno sviluppo lento e graduale che trova il suo compimento attorno ai 13 anni. La più importante qualità collegata con l’empatia è la consapevolezza di sè, infatti l’atteggiamento empatico prevede il saper identificare e riconoscere l’emozione dentro di noi per riconoscerla nell’altro. In pratica dobbiamo riconoscere la tristezza dentro di noi prima di poterla attribuire ad un’altra persona. L’altra capacità necessaria è il decentramento, che consiste nel vedere le cose dal punto di vista di un’altra persona, o di riconoscere che quella prospettiva è diversa dalla nostra verità. Occorre, infine, avere delle buone capacità di gestione emotiva, sia per non confondere l’emozione dell’altro con la nostra, sia per evitare di venire “inghiottiti” dal vissuto emotivo dell’altro L’empatia nelle relazioni interpersonali  è una delle principali porte d’accesso agli stati d’animo e in generale al mondo dell’altro. Grazie a essa si può, non solo afferrare il senso di ciò che asserisce l’interlocutore, ma cogliere anche il significato più recondito psico-emotivo. E’ necessaria per avere delle relazioni sane e una comunicazione efficace. L’empatia è una funzione innata e biologicamente determinata che si sviluppa nell’individuo a partire dai primi giorni di vita. Già da piccolissimi i bambini riconoscono gli stati emotivi di chi sta loro intorno, e questo si manifesta nel contagio emotivo. Le basi neurobiologiche dell’empatia sono state attribuite ai neuroni specchio, che sono una classe di neuroni che si attivano sia quando un individuo esegue un’azione, sia quando lo stesso individuo osserva la medesima azione compiuta da un altro soggetto. Scoperti tra gli anni ‘90 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, i neuroni specchio sono stati chiamati in causa per spiegare alcune funzioni complesse tra cui l’empatia. E’ stato scoperto che partecipare come testimoni ad azioni, sensazioni ed emozioni di altri individui attiva le stesse aree cerebrali di norma coinvolte nello svolgimento in prima persona delle stesse azioni, e nella percezione delle stesse sensazioni ed emozioni. La scoperta dei neuroni specchio suggerisce che ognuno di noi è stato programmato biologicamente affinché possa connettersi con gli altri.
Ma a cosa serve l’empatia? E’ una capacità fondamentale, che sta alla base dei comportamenti prosociali e dell’altruismo. Non è un caso che una delle caratteristiche principali del disturbo antisociale è proprio la mancanza di empatia. L’empatia, a partite dalla fanciullezza, e’ in grado di inibire le condotte aggressive fisiche e verbali, i comportamenti antisociali e criminali. Essere in grado di condividere i punti di vista e i sentimenti altrui favorisce la comunicazione assertiva e gli scambi sociali, incoraggia l’accoglienza della diversità, facilita la cooperazione, infine regola il flusso delle emozioni spiacevoli e delle condotte aggressive. Ecco perché affinché una società sia più inclusiva sarebbe necessaria una costante educazione all’empatia fin dalla tenera età, e una società costruita attraverso delle buone relazioni è una società felice! C’è qualcosa che possiamo fare per aumentare i nostri livelli di empatia? La buona notizia è che quasi tutti possono imparare ad essere più empatici, attraverso semplici ma potenti strategie per liberare il potenziale empatico che è latente nei nostri circuiti neurali.
Ecco come: Miglioriamo la nostra capacità di ascolto, ponendo attenzione alla comunicazione non verbale, e trattenendo l’impulso di esprimere subito la nostra opinione. Diventiamo curiosi verso gli altri, cercando di conversare con persone anche molto diverse da noi. Questo aiuta ad aprire le nostre menti, a sfidare le ipotesi e i pregiudizi che abbiamo sugli altri in base al loro aspetto, accenti o background. Si tratta di recuperare quella curiosità che tutti avevano da bambini, ma che molti di noi hanno perso. Cerchiamo infine di potenziare la calma e la pazienza, perché per migliorare la nostra capacità di ascolto, è importante partire da uno stato d’animo rilassato e aperto a diverse forme di comunicazione.  Anche la pazienza è strettamente legata all’empatia, perché per comprendere i processi cognitivi ed emotivi dell’ambiente intorno a noi, abbiamo bisogno di tempo.

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