8 marzo: le donne e la lotta contro la discriminazione
Quella che erroneamente è chiamata “Festa della donna”, è in realtà la “Giornata internazionale della donna”, istituita ufficialmente nel 1977 dall’Assemblea delle Nazioni Unite, come giornata mondiale per i diritti della donna, per celebrare e promuovere progressi in ambito politico, economico e culturale da parte delle donne in tutto il mondo.
L’8 marzo 2023 la Giornata internazionale della donna ha come tema “Le donne in un mondo del lavoro in evoluzione: verso un pianeta 50-50 nel 2030”. L’obiettivo è promuovere il raggiungimento di alcuni goal dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e nello specifico l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne e delle ragazze, e l’accesso globale alla formazione e all’apprendimento.
Nonostante molti progressi siano stati fatti in questi ambiti molte donne e ragazze nel mondo continuano a essere vittime di violenza e discriminazione, non solo nei paesi meno sviluppati, ma anche nella nostra società. Gli indici di discriminazione di genere sono le differenze di retribuzione tra uomo e donna, la “segregazione lavorativa” (difficilmente le donne arrivano a rivestire ruoli apicali e di potere), una maggior esposizione a violenze verbali e fisiche, la maggior difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro e maggior precarietà e irregolarità lavorative. Le donne si occupano di più della casa, dei figli e delle incombenze domestiche, tanto che spesso rinunciano alla carriera o optano per un part time, a causa della difficoltà nel conciliare impegni domestici e lavoro professionale. Questo aspetto è fortemente radicato in fattori socioculturali che mantengono la disuguaglianza di genere, il cui impatto è visibile a livello professionale, sociale e familiare.
Nella maggior parte delle culture il ruolo della donna è subordinato a quello dell’uomo, ed è molto difficile trovare una società in cui le donne abbiano maggiori vantaggi politici e sociali degli uomini. Lo squilibrio si riflette negli altri indici di violenza contro le donne (abuso sessuale, violenza e maltrattamenti, stalking, sequestro di persona ecc.), ed è mantenuto dalle rappresentazioni socioculturali di genere.
In particolare, il modello sociale femminile si fonda sulla concezione della donna come custode e responsabile del benessere altrui, capace di devozione e accudimento, sulla maternità come imperativo dell’identità, sul dovere della donna di essere bella e desiderabile. Al contrario, gli imperativi degli uomini sono la virilità, il potere, la potenza, la forza, la competitività, e si misurano con il successo e la superiorità sugli altri, con la sicurezza e fiducia in se stessi. L’uomo non può permettersi di provare paura e, se la prova, dovrà dissimularla.
Per cambiare i modelli di disuguaglianza di genere sarebbe auspicabile aiutare le donne a riconoscere il loro diritto di prendersi cura di sé stesse, seguendo le proprie passioni e sviluppando la propria autonomia, assumendosi la responsabilità del proprio benessere. Molte donne, infatti, incastrate nel ruolo imposto dalla società, sono vittime di relazioni affettive anche di tipo patologico, da cui non riescono ad emanciparsi, sviluppando una forte dipendenza affettiva. Affinché queste donne acquisiscano percezione del loro potere e riescano a superare tali dinamiche spesso è necessario un percorso psicologico che le aiuti a liberarsi.
Nel caso degli uomini, invece il cammino si dirige verso l’educazione agli affetti, all’espressione e al riconoscimento dei sentimenti propri e altrui, al valore della cura dell’altro. Anche loro possono tuttavia essere vittime degli imperativi sociali, e quindi di discriminazione, in particolare quando non si riconoscono nel modello imposto dalla società. Attraverso dei programmi psico-educativi già nei primi anni di scuola, improntati all’uguaglianza di genere, potremmo andare verso un cambiamento della società.
Dott.ssa Eleonora Canton